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Amianto presenta: Whoop a fiatful of bananas

Parliamo oggi di un particolare esperimento del collettivo Amianto Comics, che, invece di portare nelle fumetterie un nuovo progetto gestito da loro, funge invece da trampolino di lancio per fumettisti esordienti con la collana Amianto Comics Presenta. In questo primo volume, Whoop! A Fistful of Bananas (molto chic, ma terribile per i disgrafici), ci viene promesso il fumetto d’azione dell’anno. Se questa sia verità o menzogna, sta a voi scoprirlo.

Volume di novanta pagine, al prezzo di euro dieci, Whoop!, può contare sui testi di AKMO e sui disegni del Formichiere Bischeri, due ragazzi che, se le loro biografie dicono il vero, sono avvezzi all’azione, ai film di botte e a tutto il loro contorno.
La nostra storia è molto semplice: in un futuro distopico, nel quale le scimmie sono mutate fino a ottenere caratteristiche più antropomorfe, l’umanità non solo ha deciso di sfruttare questa nuova razza come schiava, ma anche di sterminarla quasi del tutto. Tre primati superstiti, Fez, Sam e Demon scoprono che in un centro commerciale è nascosto uno degli ultimi carichi di banane della Terra, la sfida è lanciata, e il trio decide così di prendersi quello che è loro per diritto di nascita. Poco importa se sulla loro strada troveranno ad affrontarli robot assassini, assassini umani e anche umani che usano robot come assassini privati.

Se fossi un critico serio, e non lo sono, citerei subito una prima connessione fra questo fumetto, e quello delle Tartarughe ninja prima maniera.
Questo perché, Whoop!, pur parlando di argomenti che sembrano un pelo sciocchi, e usando come protagonisti animali antropomorfi, è un fumetto estremamente crudo, con un tipico gusto della scena underground statunitense anni ’80. Certo, qui non c’è April O’Neal, che mi ha insegnato che le signore sono una cosa molto carina, ma perdoniamo il duo degli autori.

Da un punto di vista grafico, Il Formichiere Bischeri, è ancora piuttosto acerbo. Il suo stile caricaturale e cartoonesco, ha l’enorme pregio di essere estremamente dinamico, e tutte le scene d’azione, soprattutto quelle contro una moltitudine di nemici, sono divertenti a vedersi, e l’impatto di ogni singolo colpo è percepito, anche grazie a un ottimo gioco di spinte e controspinte.
Si può passare sopra all’uso di elementi grafici nella tavola a malapena abbozzati, e alla buona mancanza di sfondi in alcune tavole, perché comunque si possono considerare elementi, che danno al tutto uno stile molto grezzo, ma interessante. Anche perché, a maggior ragione, la regia della tavola è sempre piuttosto buona, con alcuni elementi anche innovativi e chiare influenze giapponesi. Un paio di soluzioni grafiche, come una scena di lotta al buio, mi hanno piacevolmente sorpreso, altre un po’ meno. In una vignetta, ci viene fatto un close-up di una pulsantiera, e, piuttosto che sembrare uno stilema grafico (assimilabile ad alcuni visti su alcuno fumetti classici), sembra sottolineare la difficoltà del lettore di notare quel particolare che, con un tratto un definito solo un pelino in più, sarebbe stato facilmente riconoscibile.

Sono minuzie? Forse, ma la disparità che c’è fra una scena d’azione e una di calma a livello di tratto e di mobilità si sente particolarmente, ed è un peccato.
Anche perché, i personaggi in sé hanno un design particolare e molto personale, ma soprattutto sono super-espressivi, che non è affatto cosa da poco. Quando un personaggio è arrabbiato, la rabbia la senti. Questo vuol dire connettersi col lettore.

Dal punto di vista della trama, e dei dialoghi, credo sia un fumetto con un’ottima idea, ma con un esecuzione ancora da migliorare.
Personalmente, quando scrivo non di critica (carramba che sorpresa, un tizio su internet che “scrive”), noto spesso come, a volte l’idea che ho in testa, sia una scusa per concatenare alcuni momenti forti, sacrificando però un’esecuzione omogenea.
Whoop, nel parere di chi scrive, soffre di una condizione simile. Ci sono alcuni momenti, che sono molto belli e alcune soluzioni di sceneggiatura intelligenti, ma intervallati da momenti piatti, spesso da battute “da duro” con molto poco mordente, da dialoghi a volte vuoti e, peggio, stereotipati. E no, non parlo di quegli scambi fatti apposta per prendere in giro questo o quel tropo, perché l’intento di fare un qualcosa anche di parodistico è chiaro, lampante se vogliamo esagerare (e qui si parla di fumetti, l’esagerato lo mangiamo a colazione, e ci vogliamo anche più burro sopra. HO DETTO ANCORA BURRO!), perché la storia tutto sommato scorre. Ma in alcuni casi sembra trascinarsi da una scena d’azione all’altra, e il ritmo di tutto sembra sballato. E in fumetto d’azione non dovresti quasi mai tirare il freno a mano, o far perdere al tuo spettatore interesse.
Per carità, le botte sono il succo del fumetto ma è un peccato, perché ci sono dei punti di trama (o delle caratterizzazioni dei personaggi, come Sam) che, se sviluppati meglio, darebbero davvero quel punto di pepe in più. O di burro, scegliete voi, io non giudico

Ho trovato molto interessante il dare a ogni singolo personaggio una voce propria, con manierismi e tic verbali diversi per ognuno, come il cattivo che sembra davvero uno di quei manager che parla con inglesismi a casaccio. Dà molto colore all’ambientazione, anche se è un fumetto in bianco e nero. E non guardatemi così, non mi possono venire tutte bene.

Whoop! viene definita un Pop Novel, ed effettivamente lo è, pur non apprezzando il neologismo, ma sapete che noi a Genova non piace un tubo, non credo ci sia un titolo più azzeccato.

Le citazioni, i riferimenti e le influenze di quest’opera sono molteplici, da Street Fighter, a JoJo alle Tartarughe Ninja come scritto sopra, e in generale a quel frullato di cose che gli autori amano, e di cui amano palare. E quindi, pur essendo a tratti un qualcosa di derivativo, ha anche un buon sapore nuovo, con alcuni momenti genuinamente divertenti, e altri volutamente ingenui, che potrebbero essere stati creati solo attraverso un fumetto.

Perché, AKMO e il Formichiere Bischeri, capiscono il fumetto, lo conoscono, e hanno iniziato a pucciare i piedi dentro il suo immenso mare. Sono già pronti par andare al largo? Purtroppo no. L’amore e l’entusiasmo sono fondamentali, e il già avere un’idea di come stendere una trama interessante anche se già vista da una parte, e un regia della tavola ibrida di gran gusto dall’altra sono ottimi punti d’inizio, credo che un po’ più di pratica possa fare solo che bene a questi due giovani autori.
Applaudo il loro (e quello di Amianto) coraggio nel pubblicare qualcosa di così grosso alla loro prima uscita in solitaria, e il risultato non è male. Si diceva prima “Se fossi un critico serio”, infatti non lo sono, e dico che noto delle somiglianze con l’epica del 2011 di Kagan McLeod con La Via raggiante del kung-fu infinito, un fumetto di quattrocentocinquanta pagine, che però scorre con la stessa facilità di queste novanta. Una storia dove la storia è solo una scusa, per divertirsi e creare qualcosa. Non ci sono fronzoli, ne scelte stilistiche troppo sofisticate perché Whoop! è un distillato della personalità dei suoi autori. Potrebbe fare di più? Assolutamente. Annoia? No. Anzi. Diverte, e intrattiene, per la maggior parte delle sue pagine.

Nota di merito per il collettivo, se vi volete leggere l’albo, lo potete scaricare gratuitamente dal loro sito.

L’editing e il lettering dell’albo sono tutti di Almafè, gruppo costituito da: Alessandro BenassiMatteo Polloni e Federico Galeotti

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