Era una sera d’inverno, fuori stava piovendo, e io lavoravo diligentemente alla programmazione di Sta*mina senza alcuna fretta. Perché sono dannatamente bravo a far sì che tutto fili liscio come l’olio.
Al mio terzo bicchiere di whisky qualcuno bussò alla porta dell’ufficio ed io pronunciai le parole che da quel momento mi avrebbero cambiato la vita:
“Avanti”.
Una donna dai capelli corvini, infilata in un attillatissimo tubino nero non so in che modo, entrò. Si sedette sulla poltrona, si accese una sigaretta e disse:
“Sono Paola Oliviero, curatrice dell’antologia De artificium alchemia, Marengo Autoproduzioni”
“Piacere” risposi, mentre mi asciugavo una gocciolina di sudore data dal timore di avere un’altra cagaminchia con il marito scomparso.
“Sono qui perché ho visto Sta*mina e la trovo la cosa più bella di questa fogna di città. Ho deciso di regalarvi una copia nella speranza di avere una recensione. Puoi farlo per me?”
Io presi una boccata di fumo denso dal mio sigaro, attesi qualche secondo per dare vita a un cliché letterario e uno cinematografico in una sola frase, e dissi:
“Certo”.
Ed eccomi qui.
Tutto falso, ovviamente, compreso il fatto che riesca a gestire le programmazioni senza problemi. L’unica cosa che si avvicina alla verità è stata che la cara Paola abbia voluto fare questa pazzia e lanciare la loro antologia nelle fauci del lupo. Andiamo dunque al nocciolo della questione: che è ‘sta robba?
De artificium alchemia,è la prima antologia (e forse l’unica, dato che la Marengo si vuole dedicare in realtà al fumetto) di illustrazione e poesia creata da loro. E tantissime persone che mi conoscono diranno: ma S.Leonte (che sono io), te non ci capisci un cazzo né di uno né dell’altro!
Vero.
Per questo ho fatto affidamento a degli esperti in materia.
Per la poesia ho chiesto un parere al mio caro amico Federico Ghillino su Whatsapp: Federico Ghillino, cosa ne pensi di queste poesie?
“Sono allineate al centro. Parte già male”
E mi fermerei qui, ma mi ha mandato un audio di quattro minuti e mi dispiace non esplicitare qualcosa di più. Il motivo per cui ha scelto le parole “brutta partenza” (secondo il discutibilissimo parere di Federico Ghillino, che poi chi cazzo lo conosce Federico Ghillino?) è perché sono la rappresentazione di un alone poetico presenti bene o male in tutti gli scritti, ovvero un inneggiare alla poesia senza ricercarla.
Personalmente, che sono un lettore di poesie difficile in quanto non ne legga, trovo che se ne possa definire una bella dal momento in cui non mi distraggo mentre la leggo e ci sia qualcosa che mi fa rimanere dentro. E beh…
Non è successo.
Bruna Ferrarese – illustratrice e parte attiva nel campo nonsoquale di Sta*mina – esamina invece la parte grafica dando un parere tecnicamente specifico alla scelta delle illustrazioni: “Poteva venire un’accozzaglia schifosa, data la diversità di stili, ma così non è stato“.
Un punto a favore alla Marengo che ha saputo scegliere bene i suoi artisti, nonostante un’ovvio sali e scendi di bravura dei soggetti.
All’inizio troviamo anche un editoriale che presenta ciò che seguirà. Editoriale che ho molto apprezzato, sia per l’interessante spiegazione, sia perché, senza questo, le illustrazioni e le poesie che delicatamente si posano dinanzi alla nostra retina ci condurrebbero a porci la tipica domanda che viene anche agli studiosi di latino alla prima lettura di un testo antico: “Eh?!”
Perché le illustrazioni e le poesie, appunto, non hanno nulla a che vedere con l’alchimia di comune conoscenza e per questo motivo, se vi dovesse capitare in mano questo libricino, leggetevi la pagina introduttiva.
Ma questo è solo un dato oggettivo.
Però, gente, questa è un’antologia e per definizione da wikipedia: un’antologia è una cosa che contiene tante cose. Quindi si capisce che la variabilità degli artisti all’interno amplifica la soggettività del giudizio, per dare uno scopo alla mia presenza, diamo uno sguardo al contenitore oltre che al contenuto.
Non si può dire che io sia un lettore assiduo di antologie auto-prodotte, ma in quanto utente medio ne ho sfogliate diverse e, perché no?, anche di fanzine più o meno sostanziose, e molto spesso non ho ritrovato quello che ho visto in questa.
Un tema. Ma non è solo il concetto di questo, perché è facile dire “un tema”, prendere quattro fogli, pinzarli e chiamarli “l’ombelico del solstizio” e farci tante cose carine sopra e allora tutto yeah, bellissimo. No.
Ha un significato, un legame stretto per cui tutto ha un suo senso all’interno. Forse non c’avete acchiappato ‘na ceppa in questo discorso, o forse riuscite ad andare al di là delle semplici parole. Provo a spiegarmi in modo più semplice ancora: De artificium alchemia ha senso. E, per mia personale deduzione, ciò lo percepisco perché dietro a tutto c’è stato un senso critico (e autocritico) dell’opera.
E allora, forse, quest’antologia non è la cosa cosa migliore che si presenta al mondo, non salverò la vita artistica di nessuno, non avrà nemmeno lo spessore giusto per fermare quel dannato tavolo che balla in cucina che sono tre mesi che devo fare qualcosa ma ancora niente! Però mi incuriosisce. Mi fa venir voglia di sapere quali altre pubblicazioni la mia – ora – affezionata Marengo farà nascere. Se anche le prossime pagine vignettate saranno così coese o se è stato solo un caso per questa uscita.
Per concludere!
Se pensate che quest’ultima sviolinata l’abbia fatta perché l’antologia mi è stata regalata, volendo quindi evitare la pura brutalità fine a se stessa, e nella speranza di avere in regalo le prossime pubblicazioni per altre recensioni vi sbagliate (sulla prima). Potrei sbobinare frasi su frasi su frasi in cui vi spiego quanto mi venga difficile essere falso, ma sapete cosa?
Fottesega・
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